Ritiro Santa Scolastica 2017

 

20/22 ottobre 2017

LA XXVma TAPPA

Fate quello che vi dirà

"Fate quello che Gesù vi dirà" è il tema sulla cui traccia si è snodato il nostro ritiro spirituale organizzato nel Convento di Santa Scolastica dal 20 al 22 ottobre 2017. Ne ha condotto le fila don Gianluca Zelli. Eccone la cronaca:

Arriviamo nella foresteria del Convento dei Benedettini nel tardo pomeriggio di Venerdì e il primo appuntamento è alle ore 18 per "la preparazione del cuore".

Padre Gianluca ci conduce nel deserto mentre una dolce musica ci ripete sommessamente: Gesù è amore! La porta si apre e ci scopriamo soli con noi stessi in quel luogo solitario dove tutto è possibile: tentazioni, paura, sorprese, speranze, incontri, vuoti interiori, necessità, bisogno di aiuto. L'essenziale della vita si affaccia alla nostra mente e, per essere certi che non stiamo sognando, ma che quello che viviamo è la realtà, affondiamo le mani nella sabbia del deserto, preparata per noi in una cesta, la facciamo scorrere tra le dita in attimi preziosi che scandiscono il tempo racchiuso nella clessidra della vita. Ognuno vive qualcosa di personale: ricordi, sensazioni, turbamenti o … l'incontro con l'infinito dove Dio parla.

Dopo questo inizio prezioso, la cena ci ristora e siamo pronti a recarci in Cattedrale, a Subiaco, dove la Chiesa di Sant'Andrea ci attende grandiosa per Adorare Cristo presente nel Santissimo Sacramento, custodito nell'ostensorio ed esposto al pubblico. Qui i canti c'invitano a depositare nel Cuore pulsante di Cristo il peso della settimana trascorsa, la stanchezza delle situazioni vissute, l'amarezza di ciò che ci ha deluso, la sofferenza per ciò che ci ha ferito, la nostra tristezza.

Un'ora di pace ci avvolge e dentro di noi si accende la consapevolezza di appartenere al Signore e di essere "frammenti divini, consacrati dal Suo sangue".

Attraverso le nostre orecchie filtra la voce di santa Teresa che ci regala la chiave del ritiro: Niente ti turbi, niente ti spaventi. Chi ha Dio niente gli manca, solo Dio basta.

È ora di andare a riposare, l'ultima preghiera è rivolta a Maria che ci attende l'indomani per presentarci la Parola di Gesù.

Sabato mattina, quarantadue persone si riuniscono in sala per mettersi in cammino invitati da Maria a partecipare alle Nozze di Cana. Il sacerdote legge la Parola di Dio che ci parla di uno sposalizio in cui: "C'era la madre di Gesù". Poi sappiamo che a quelle nozze c'era anche Gesù con i suoi discepoli. È Maria, però, l'invitata principale, è lei che apre la scena e anticipa l'arrivo di Gesù su cui, in seguito, s'incentra l'intero cammino.

L'attenzione generale è portata sulla mancanza del Vino. A uno sposalizio il Vino rappresenta la festa, la relazione, il successo del convivio stesso: senza Vino la festa è un fallimento, un vero mortorio. Il Vino, quindi, rappresenta Gesù, la sua presenza apportatrice di gioia e di vita, ed è l'essenziale indispensabile ai convitati.

Gesù è conosciuto come "uomo amante della relazione"; a Cana, però, Gesù sembra stare ai margini della scena, dice poche parole, la protagonista è Maria che intercede per gli ospiti presenti alle nozze, sollecita Gesù ad entrare in scena e agire come Signore: "Non hanno più vino", gli dice, c'è un problema, un bisogno immediato, un vuoto, gli organizzatori della festa non sono stati previdenti e hanno bisogno di aiuto; la riuscita della festa dipende dal Suo amore, dalla Sua carità verso gli sposi, verso gli invitati, verso di noi: Lui solo può risolvere l'inconveniente... lo farà?   

Su queste parole si chiude la prima tappa del cammino e siamo tutti convocati a meditare in gruppo sui nostri bisogni essenziali, sui nostri vuoti da riempire con il vino della vita, cioè con la presenza di Cristo in mezzo a noi e, poi, su questi bisogni incentrare la preghiera che presenteremo sull'altare nella Santa Messa pomeridiana.

Per meglio comprendere la bellezza dei Bisogni appagati, ci viene distribuito il brano di Osea (16-22) le cui parole entrano in noi e superano ogni nostra aspettativa:

Perciò, ecco, l'attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. 17 Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. 18 E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio e non mi chiamerai più: Mio padrone. 20 In quel tempo farò per loro un'alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli. 21 Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, 22 ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.

Nel pomeriggio del Sabato, nel nostro cammino interviene lo Spirito Santo: non è Lui lo sposo di Maria? Non è Lui lo Spirito d'amore che unisce la Santissima Trinità in un'unica relazione? Non è Lui che parla dentro di noi che ne siamo il Tempio?

Alle 15 e 30 don Gianluca ci convoca in sala per svolgere la seconda tappa del nostro cammino: […] Gesù rispose: "che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". La madre dice ai servi: "fate quello che vi dirà". Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.

Possiamo ben dire: menomale che a Cana è mancato il vino! Se non ci fosse stato questo momento di defaillance, di vuoto, di debolezza, Gesù non sarebbe potuto intervenire, infatti, è nei momenti della nostra impotenza che Lui si muove. Maria ne è al corrente, sa chi è Gesù, la sua fede la mette in moto e, nonostante le rimostranze di suo figlio, insiste e dà già per scontato che il miracolo avverrà, si rivolge ai servi e dice: "Fate quello che vi dirà".

Ciò invita noi tutti ad avere la stessa fede di Maria, ci dice don Gianluca, a sapere attendere con pazienza i ritardi di Dio ed essere sicuri che i nostri limiti umani, i nostri vuoti saranno sempre e solo riempiti da Cristo che è il Vino novello della nostra speranza. Quando l'umano finisce … l'infinito ci abbraccia e ci porta con sé. A questo infinito dobbiamo consegnare il nostro cuore perché là è il nostro tesoro. Solo se esso riposa in Gesù ci libereremo dall'inquietudine, dalla tristezza, da ogni possibile fallimento. Questa è l'autenticità della fede. La vita è un dono di Dio, continua il nostro sacerdote, e ci è stata data per essere felici, per abitare nella gioia e per farci sperimentare, già da questa terra, un pezzetto di Paradiso … e il paradiso è l'essere inseriti completamente in Cristo. Chi dice: la mia vita è un inferno, vuol dire che ha allontanato Gesù dalla propria esistenza. Il cuore non può essere frammentato nei molteplici attaccamenti umani, ma va consegnato interamente a Dio.

La catechesi del pomeriggio è finita, ora ci aspetta la Santa Eucarestia nella bellissima cappella del convento ma … incredibile a dirsi, a Santa Scolastica "Non hanno più vino". Sembra una battuta scherzosa e, invece, è la realtà: il Vino per la Santa Messa è esaurito. Qui interviene lo Spirito Santo. Don Luca la mattina si era recato a visitare delle persone amiche che gli avevano regalato un cesto d'uva dolcissima, quale occasione migliore per fare il vino con le nostre mani e offrirlo a Dio perché lo consacri e lo tramuti nel Sangue di nostro Signore? Quel vocabolo da me usato "dolcissimo" riferito al Sangue di Gesù sparso per la nostra salvezza è veramente appropriato!

Ci mettiamo all'opera divisi in piccoli gruppi, in silenzio, concentrati in preghiera sperimentiamo nel cuore l'unione divina con il nostro Salvatore: i chicchi d'uva sono spremuti, raccolti in una ciotola, filtrati e pronti per la consacrazione. Ci rechiamo in cappella, la Messa comincia, mai Santa Eucarestia è stata maggiormente condivisa da tutti "i pettirossi".

Ecco, impietoso, arriva l'ultimo giorno del nostro ritiro, avremmo voluto rimanere più a lungo in quel luogo di pace. Anche il cielo si rattrista: un forte temporale ci sveglia la mattina e persiste fino all'ora di partenza. 

Alle ore sette la sveglia, è Domenica, il giorno del Signore cui rivolgiamo il primo saluto e il nostro ringraziamento.

Alle nove e trenta l'assemblea è convocata e la prima domanda che c'è rivolta è: "A che ora vi siete svegliati?". Sembra inopportuna, che importanza ha, infatti, sapere l'orario in cui abbiamo lasciato il calore confortevole del letto. Invece, si rivela una formula di saluto preziosa perché a essa segue la richiesta di entrare in noi stessi per trovare tutti i doni d'amore che il Signore, in quelle due ore e mezzo, ci ha già elargito. Ognuno trova i suoi e ci accorgiamo che sono proprio numerosi.

Continuiamo il nostro cammino vivendone la terza tappa.

[…] E Gesù disse ai servi: "riempite d'acqua le giare".

Stupisce che Gesù chieda la collaborazione dei servi! La Fede non è magia dove Gesù compie tutto da solo. La fede risponde alla logica di Dio che Gesù ci rivela quale un Padre in relazione perenne con noi, suoi figli. Il Padre non agisce da solo, ma si serve della collaborazione dei figli per rispondere ai loro bisogni. Sarebbe un Dio padrone se non lasciasse i figli liberi di decidere se collaborare con Lui oppure no. La fede cristiana non conduce a gettare su Gesù ogni responsabilità, ogni intervento, ma a divenire con Gesù responsabili del mondo e della storia, dove ciascuno è posto e dove deve sentirsi chiamato in prima persona per lasciare quel lembo di terra migliore di come l'ha trovato. Questo è uno degli insegnamenti importanti lasciatoci da padre Gianluca.

I servi, come Maria, sono chiamati a un atto di fede: mettere l'acqua mentre manca il vino! Devono fidarsi anche loro. Gesù non segue le logiche umane; non è già stato detto a quei giudei: "Le mie vie non sono le vostre vie?". E' stato Isaia a comunicarglielo ed era un grande profeta!

A questo punto don Luca ci conduce alle porte del mistero. Il nostro cuore trema perché sa che nella vita tutto ci riporta là: noi siamo un mistero per noi stessi; i nostri figli, il coniuge, gli amici, la vita stessa è un mistero per noi. Questo mistero, però, è bellissimo, è il sale che dà sapore alle nostre relazioni, è lo stupore che ci rivela l'amore di un Dio incarnato che vive in mezzo a noi anche quando, da risorto, è assunto in Cielo e si riunisce al Padre cancellando il buio della morte. Questa è la nostra fede: il cristiano è l'amico divino del creatore del mondo e la loro relazione è per sempre.

L'acqua che i servi verseranno nelle giare rappresenta l'umanità. Ciò è tanto vero che quando il sacerdote celebra l'Eucaristia dice: l'acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana. Siamo uniti a Cristo in quel segno, siamo mescolati al Suo sangue nel calice che genera la vita.

Gesù tramuta la nostra umanità nel Vino e le parole che finalmente proferisce sono così grandi, così consolanti che commuovono: "Ora attingete e portatene al maestro di tavola". I servi diventano diaconi della gioia, loro sono chiamati a portare quel frutto dolcissimo al maestro di tavola che, sorpreso dalla sua bontà, dà il placet a che sia distribuito ai commensali invitati al banchetto di nozze del Signore.

Grazie, padre Gianluca, di averci fatto entrare nel mistero della Parola e averci con essa dissetato.

 

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